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Ciancaleoni Bartoli: "Terapia domiciliare, Regioni e Ministero pongano fine alle discriminazioni"

“Sono ormai almeno 5 anni che, a mia memoria, le associazioni che rappresentano le persone affette da malattie rare chiedono di poter accedere più facilmente, e senza che vi siano disparità nelle diverse regioni, alle terapie domiciliari – lo ha dichiarato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttore di Osservatorio Malattie Rare, nel corso dell’Incontro regionale Medici Pazienti promosso da Aiaf che si è svolto a Firenze il 19 ottobre scorso – E’ una richiesta che fino a 20 anni fa sarebbe stata inconcepibile, si faticava già a credere che sarebbero arrivate delle terapie in grado di bloccare o rallentare in maniera considerevole le loro malattie. La richiesta di cure domiciliari era, storicamente, qualcosa che riguardava i malati cronici, gli anziani, oppure le persone in stato terminale: era legata all’impossibilità di muoversi in autonomia, all’alto bisogno di assistenza. Oggi, almeno per alcune malattie rare, il bisogno è diverso, quasi opposto: si chiede di fare la terapia a domicilio perché, proprio grazie a quella, si è raggiunto un livello di salute che consente di essere autonomi, di farsi una famiglia, lavorare e studiare. La terapia ha aggiunto molto tempo alla vita, e i pazienti ora vogliono viverla tutta. Ma andare più volte al mese in ospedale e passarci almeno mezza giornata significa perdere un giorno di studi, fare un’assenza dal lavoro”.
“Oggi che le terapie ci sono, e sono efficaci, l’obiettivo è far sì che chi le assume possa fare una vita ‘libera dalla malattia’ – ha continuato - il sistema deve prendere atto di un’esigenza che è cambiata e trovare il modo di adeguarsi, anche perché i medicinali che questi pazienti assumono – nello specifico quelli per la malattia di Fabry – prevedono espressamente la possibilità di poter essere iniettati a casa, con la presenza di un infermiere qualificato e previa valutazione e consenso del medico. Questo significa potersi curare, con la massima sicurezza, al di fuori degli orari di lavoro, nel rispetto dei propri impegni di genitore o studente, senza viaggi evitabili che, nel caso dei più piccoli, coinvolgono necessariamente anche un adulto che li accompagna. Purtroppo le diverse Regioni italiane stanno dando risposte differenti a questa esigenza, alcune fanno del tutto per rendere possibile le terapie domiciliari, altre purtroppo non le consentono, e questo genera disparità tra pazienti che vivono le stesse condizioni”.
“Mi auguro che al più presto la voce delle associazioni sia ascoltata – ha concluso - dalle Regioni e perché no anche dal Ministro Speranza, e si possa porre rimedio a questa situazione di discriminazione e di scarsa attenzione”.