La gestione cardiologica del paziente Fabry: l’intervento della dott.ssa Elena Biagini

Al webinar “Malattia di Anderson-Fabry: prospettive future di una rivoluzione lunga 20 anni” l’approfondimento della dott.ssa Biagini, membro del comitato scientifico di AIAF
“A livello cardiologico, la malattia di Anderson-Fabry interessa tutte le cellule del cuore”, apre così il suo intervento la dott.ssa Elena Biagini, cardiologa presso l’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna.
La malattia di Fabry appartiene al gruppo delle patologie rare da accumulo lisosomiale: nel caso specifico, un “malfunzionamento” dell’enzima alfa-galattosidasi A non consente il degradamento di alcuni lipidi, che tendono ad accumularsi all’interno dei lisosomi, creando una situazione di sofferenza per le cellule interessate.
Ma come si manifesta questa situazione se l’organo in questione è quello che fa da motore a tutti il corpo umano? La malattia di Fabry coinvolge il cuore a 360 gradi: non solo i cardiomiociti, deputati alla generazione e alla trasmissione dell’impulso contrattile, ma anche i fibroblasti valvolari, il tessuto di conduzione e le cellule endoteliali del microcircolo coronarico.
“Il problema principale – continua la dott.ssa Biagini – è l’ispessimento delle pareti del ventricolo sinistro e in parte del ventricolo destro.” Quando vi è un ispessimento di questi tessuti si parla di cardiomiopatie a fenotipo ipertrofico. La diagnosi differenziale è il procedimento attraverso il quale il medico può determinare con precisione la patologia, escludendo le altre che presentano sintomi simili.
“È cruciale, per porre il sospetto della malattia, la lettura combinata ecocardiogramma-elettrocardiogramma. Per il cardiologo questa combinazione di elementi è importante per dirimere tra eziologie diverse. Per distinguere tra una malattia infiltrativa, come l’Amiloidosi, e una malattia da accumulo, come la Fabry, gli aspetti elettrocardiografici sono completamente diversi, a fronte di una stessa immagine ecocardiografica.”
Non solo: un altro strumento prezioso in mano al cardiologo è la risonanza magnetica. In una situazione in cui elettrocardiogramma ed ecocardiogramma siano nella norma o poco alterati, un esame come la risonanza magnetica permette di visualizzare la situazione dei tessuti, come per esempio un aumento dello spazio interstiziale da fibrosi. Da qui, la possibilità di aggiungere questo aspetto nella stratificazione del rischio aritmico della malattia, che può essere preludio a un’ipertrofia ventricolare.
La variante cardiaca: diagnosi più difficile?
“La diagnosi può essere più difficile da fare, nel caso della variante cardiaca, per la mancanza dei sintomi e/o segni dovuti all’interessamento multiorgano. La malattia di Fabry, in questo caso, può mimare una cardiomiopatia ipertrofica sarcomerica perfettamente”, spiega la dott.ssa Biagini. Ma ancora una volta è la risonanza magnetica che permette di effettuare una diagnosi corretta, consentendo di distinguere tra Fabry, ipertensione, Amiloidosi o ipertrofia cardiomiopatica.
Per approfondimenti e per l’intervento integrale della dott.ssa Biagini, la registrazione è disponibile a questo link.