La gestione della Fabry dal punto di vista nefrologico e neuropatico: l’approfondimento del prof. Federico Pieruzzi

Una panoramica su diagnosi differenziale, follow-up, riconoscimento dei sintomi precoci: la disamina del prof. Pieruzzi sugli strumenti nelle mani dei medici per identificare la Malattia di Fabry
Nel corso del webinar “Malattia di Anderson-Fabry: prospettive future di una rivoluzione lunga 20 anni”, realizzato in collaborazione tra OMaR – Osservatorio Malattie Rare ed AIAF, è intervenuto il Prof. Federico Pieruzzi, del dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università Milano Bicocca e Medico componente del nostro Comitato Scientifico, per fare una panoramica sulla gestione del paziente Fabry dal punto di vista nefrologico e neuropatico.
È risaputo come il coinvolgimento dei reni sia estremamente diffuso nei pazienti con Malattia di Fabry, con il conseguente danneggiamento dei tessuti. I dati lo dimostrano: l’84% dei pazienti mostra una nefropatia, sia nella variante classica che in quella tardiva.
Ma quando diventa clinicamente evidente? Sebbene nelle forme classiche esistano dei casi di manifestazione in età pediatrica, la maggior parte dei pazienti mostra un danno renale a partire dalla terza decade di vita.
Come per tutti gli aspetti della Malattia di Fabry, e come sottolineato da tutti i relatori partecipanti al webinar, anche nel caso della nefropatia è importante dare uno sguardo ai segnali anticipatori, in un’ottica preventiva; tra questi: sedimento urinario, iperfiltrazione glomerulare, microalbuminuria in età infantile; proteinuria e cisti parapieliche nell’adolescenza.
Ma quali sono gli strumenti nelle mani del nefrologo e del nefropatologo per identificare con una buona dose di certezza la presenza di Malattia di Fabry?
“Come comunità di nefrologi stiamo tornando a rivalutare l’importanza della biopsia renale – sostiene il prof. Pieruzzi – non soltanto come elemento di diagnosi, ma anche per quei pazienti che hanno già una diagnosi di Malattia di Fabry, e sfruttarla da un punto di vista prognostico e di monitoraggio”.
Proprio sul monitoraggio e sul follow-up si sviluppa l’intervento. La misurazione ripetuta nel tempo e a cadenza piuttosto regolare, di creatininemia, proteinuria, elettroliti plasmatici, Gb3 urine o Lyso Gb3 è fondamentale nella valutazione per il singolo paziente della stadiazione della malattia e garantisce le basi per procedere con un follow-up personalizzato.
Per quanto riguarda il coinvolgimento neurologico, invece, la manifestazione di crisi dolorose e acroparestesie, già in fase pediatrica, può indurre il clinico al sospetto diagnostico di Malattia di Fabry come anche sottolineato durante l’intervento dalla Dott.ssa Sestito: i sintomi precoci, per quanto molto spesso apparentemente non correlati, sono un importante fattore da tenere in considerazione.
Per ciò che riguarda il sistema nervoso periferico, sicuramente un’accurata raccolta anamnestica può condurre il medico a identificare la Malattia di Fabry, a partire dagli esami ematochimici per escludere forme acquisite di neuropatia dolorosa fino ai potenziali evocati acustici, nel caso di acufeni e vertigini, per differenziare una sordità periferica da una sordità neurosensoriale. Ugualmente, la somministrazione di questionari per la valutazione del dolore in termini di insorgenza, caratteristiche specifiche, localizzazione, cronicità, può aiutare nel dare una direzione alla diagnosi.
Giungere a una diagnosi accertata nel più breve tempo possibile, dunque, è necessario per procedere rapidamente con un follow-up adeguato.
“Un elemento molto importante che abbiamo ribadito più volte – chiude il Prof. Pieruzzi – è la diagnosi precoce: abbiamo visto che qualsiasi tipo di terapia attualmente disponibile e quelle che ci auspichiamo arriveranno in futuro hanno la loro forza di risposta maggiore nel momento in cui riusciamo a iniziare una terapia negli stadi più precoci”.
Per chi si fosse perso l’evento e volesse rivedere l’intervento integrale del prof. Pieruzzi, la registrazione è disponibile a questo link.