Pubblicazioni sullo stress ossidativo nella malattia di Anderson-Fabry: il commento
di Sandro Feriozzi, Comitato scientifico di Aiaf
Il processo di ossidazione in biologia consiste in una modifica dello stato biochimico di una proteina con perdita di elettroni che vengono in genere acquisiti da altre molecole. Questo processo, quando è particolarmente attivo o abnorme, è chiamato stress-ossidativo. Il risultato finale è che alcune proteine vengono modificate e non svolgono più le loro funzioni con susseguente danno biologico.
Il processo è comune a molte malattie ed è chiamato in causa per spiegare la patogenesi (il modo in cui si verifica un danno biologico) di molte malattie. Nella malattia di Anderson-Fabry (AF) lo stress ossidativo potrebbe essere alla base di alcuni processi biologici (es. patologia cardiaca) che sostengono il danno organico e possono risentire parzialmente della terapia
Il gruppo di Padova del prof Calò ha prodotto alcune ricerche in questo ambito e recentemente ha pubblicato un lavoro che riassume le conoscenze del ruolo dello stress ossidativo nella malattia di AF.
Le ricerche hanno dimostrato che la presenza molecole che indicano un elevato stress ossidativo è aumentate (over-expressed) nei pazienti con AF. Le proteine modificate svolgono le loro funzioni in modo alterato e promuovono rimodellamenti delle cellule che comportano alterazioni importanti degli organi e delle loro funzioni. In particolare verrebbe alterato lo stato delle molecole lipidiche che costituiscono le strutture cellulari. Ne conseguono alterazioni nelle strutture di organi come il rene, il cuore o il sistema nervoso centrale. Inoltre alcune proteine ossidate sembrano in grado di stimolare l’aumento di volume del cuore. Gli Autori descrivono anche una riduzione della presenza di molecole che sono deputate a contrastare i danni dello stress ossidativo.
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Occorre precisare che, mentre sono numerose le ricerche in questo ambito che hanno portato a importanti risultati nella comprensione dei processi patogenetici di diverse malattie, le ricadute terapeutiche reali sono ancora in gran parte sconosciute. Alcuni Autori hanno invocato il positivo effetto del tè verde nel contrastare questi fenomeni, tuttavia siamo ben lontani da un’applicazione nella terapia medica che sia basata sulla evidenza dei risultati.
Queste ricerche confermano che la deposizione intracellulare di Gb3 dà luogo ad una serie di processi complessi che possono assumere una propria via di sviluppo e si possono sganciare dalla primitiva deposizione. Pertanto si conferma come l’inizio precoce della terapia sia essenziale per contrastare il danno progressivo dovuto alla malattia.
La ricerca
Oxidative Stress and Cardiovascular-Renal Damage in Fabry Disease: Is There Room for a Pathophysiological Involvement?
Ravarotto V, Simioni F, Carraro G, Bertoldi G, Pagnin E, Calò LA.
Oxidative stress and the altered reaction to it in Fabry disease: A possible target for cardiovascular-renal remodeling?
Ravarotto V, Carraro G, Pagnin E, Bertoldi G, Simioni F, Maiolino G, Martinato M, Landini L, Davis PA, Calò LA.